Le caratteristiche della Generazione Beta ereditate dagli Alpha

I Beta – nati convenzionalmente da questo primo gennaio 2025 in poi – raccoglieranno il testimone dei primissimi nativi digitali, proseguendo e amplificando tendenze già emerse tra gli Alpha. Ma chi sono esattamente questi Beta, e cosa significa vivere da “seconda generazione digitale” fin dalla culla? Immaginate bambini che non solo tengono in mano tablet prima di imparare a tenere una matita, ma che già nel passeggino interagiscono con realtà aumentata e robot giocattolo capaci di rispondere alle loro emozioni. Voi che leggete, probabilmente avete già visto qualche Alpha di 5-6 anni dialogare con un assistente vocale come se fosse un compagno di giochi: ora pensate a Beta che, invece di esplorare lentamente il mondo digitale, nasceranno in un contesto in cui ogni superficie – dal frigorifero agli occhiali – può diventare un display, un sensore, un canale di apprendimento.

Nei prossimi paragrafi, esploreremo qui a The Buns come questi Beta erediteranno dalle generazioni precedenti una familiarità con la tecnologia che non è più un “lusso” o un “accessorio”, ma una parte integrante del loro sviluppo emotivo e cognitivo. Proprio come gli Alpha hanno cominciato a digitalizzare il loro tempo di gioco e studio, i Beta vedranno questi confini spostarsi ulteriormente: dal semplice tablet alle superfici tattili in casa, dai giochi analogici che dialogano con app dedicate alle aule scolastiche che mescolano robotica e materiale didattico tradizionale. Genitori, educatori e professionisti del digitale si dovranno preparare a un’infanzia in cui il confine tra schermo e mondo reale sarà ancora più labile: un confine che, per i Beta, non esisterà.

Ma l’eredità degli Alpha non riguarda solo smartphone, app e videolezioni: parliamo anche del bisogno crescente di esperienze autentiche, dell’importanza di apprendere giocando e dell’evoluzione della loro identità in un flusso continuo di stimoli sociali. Gli Alpha ci hanno insegnato che bastano pochi tap su uno schermo per innescare una lezione di matematica gamificata o avviare una lezione di yoga virtuale: i Beta faranno un passo avanti e si aspetteranno di coinvolgere corpo, mente e sensi in ogni momento di apprendimento. In questo senso, il “gioco” per loro non sarà più solo un’esplorazione virtuale, ma un’esperienza phygital dove ogni gesto, ogni movimento, ogni suono diventa un tassello del percorso educativo.

Infine, esploreremo come i Beta costruiranno la loro identità in un contesto di comunicazione ibrida: da un lato si confronteranno con modelli estetici, culturali e sociali già sperimentati dagli Alpha; dall’altro, vivranno in prima persona la trasformazione di questi modelli, tra filtri AR, intelligenze artificiali creative e contenuti generati da comunità globali. Prepariamoci, quindi: stiamo per immergerci nella generazione Beta, dove ogni giocattolo è un dispositivo, ogni lezione un’avventura interattiva e ogni identità un mosaico in continua evoluzione.

Nativi dell’intelligenza artificiale

Alpha: prima generazione a non aver mai vissuto senza Internet

Gli Alpha sono cresciuti con smartphone e tablet sotto il cuscino: non hanno mai conosciuto un mondo offline pre-Internet . Per i Beta questa caratteristica sarà addirittura più accentuata: non “impareranno” a usare gli schermi, piuttosto li avranno incorporati come un’estensione naturale di sé stessi. Già oggi, fra i più piccoli Alpha (quelli intorno ai 5-7 anni), si registra una familiarità spontanea con assistenti vocali e app educative. Immaginate i Beta di tre anni nel 2028: chiederanno alla loro postazione domestica di iniziare un gioco interattivo, senza bisogno di genitori a mediare.

Pensate a questa scena: un bimbo entra in soggiorno, si avvicina al tavolino intelligente e, con un semplice “Ehi, Casa, fammi vedere il gioco dei dinosauri!”, lancia l’app che combina realtà aumentata e pupazzi fisici. Non ci sarà alcun tutorial di cinque minuti o tasto di accensione da individuare: la voce e il gesto faranno tutto il lavoro. Questo significa che noi non insegneremo ai Beta a usare i dispositivi; piuttosto, dovremo abituarci a creare ambienti talmente intuitivi che un bambino possa navigarli senza guida.

L’importanza dell’esperienza IRL (in real life)

Alpha: desiderio di esperienze tangibili oltre lo schermo

Nonostante la loro dipendenza da device, gli Alpha mostrano un crescente bisogno di offline: musei tradizionali, play area analogiche e laboratori creativi sono fenomeni in ascesa. Gli Alpha (12-15 anni) desiderano sensorialità, contatto fisico, “staccare” davvero dallo schermo, percepire materiali, suoni e odori dei giochi analogici. I Beta erediteranno questo tratto e, anzi, lo vivranno ancor più intensamente: dopo un’infanzia già iperconnessa, faranno fatica a raccapezzarsi lontano da oggetti concreti.

Gli esempi pratici? Pensate a giochi che non si limitano al solo tocco di uno schermo, ma che mescolano il digitale con oggetti concreti sotto le mani. Immaginate, per esempio, uno strumento musicale di legno – potrebbe sembrare una banale chitarra giocattolo – dotato di sensori intelligenti e di un’app dedicata. Voi lo collegate al tablet o direttamente al muro interattivo: non serve configurare nulla, basta avvicinare le dita alle corde “smart” e la chitarra si illumina, avviando un tutorial che vi guida passo passo a suonare una filastrocca. Il bambino percepisce la vibrazione delle corde sotto le dita, sente il materiale naturale del legno tra le mani e contemporaneamente gode di un feedback sonoro sincronizzato sullo schermo.

Oppure immaginate uno di quei cubi programmabili che si trasformano a comando: a prima vista un blocco di plastica trasparente con qualche LED interno, ma in realtà in grado di cambiare forma grazie a micro-motori integrati. Voi, grazie a un’app di facile utilizzo, trascinate sullo schermo delle icone che indicano “forma a stella”, “rotazione verso sinistra” o “emissione di suoni ritmici”. Quando il Beta seleziona un’icona, il cubo si piega leggermente, si illumina di un colore diverso, e riproduce un timbro sonoro associato all’azione. Qui il bambino non si limita a premere un tasto: vuole afferrare il cubo, girarlo, guardare le luci cambiare, ascoltare i beat; insomma, vive un’esperienza multisensoriale che unisce programmazione e gioco fisico.

Gamification e apprendimento: il divertimento è la chiave

Alpha: imparare giocando, dentro e fuori la classe

Fra gli Alpha, l’apprendimento non è più solo lezione frontale: scuole e app puntano su percorsi gamificati, dove il progresso è tracciato da badge, livelli e ricompense in tempo reale. I Beta cresceranno nella “culture dell’obiettivo”: non solo premi digitali, ma ricompense concrete – per esempio una piantina da coltivare a casa ogni volta che superano un modulo didattico, o un’esperienza di realtà virtuale che si sblocca con un certo livello di competenza. Il confine fra gioco, apprendimento e socializzazione sarà ancora più labile.

Nel mondo dei Beta, le sfide scolastiche diventeranno veri e propri “tornei” tra gruppi di amici: si formano squadre, si creano piccole community online dove si scambiano consigli di studio e si festeggiano i risultati raggiunti. Pensate a una app di matematica in cui, una volta completato il livello “Geometria dei solidi”, si attiva una chat di gruppo in cui i Beta organizzano una gara a chi costruisce il solido migliore con la carta o il cartoncino, condividendo foto e brevi video. Il sistema premia non solo l’accuratezza dei calcoli, ma anche la creatività nel realizzare la forma fisica: ecco che un’attività che fino a qualche anno fa era considerata tradizionale – costruire un modello di dodecaedro – diventa il finale di un percorso di apprendimento digitale in cui la community partecipa attivamente, commentando e incoraggiando i compagni.

Identità, iconografia e tendenze social

Alpha: feed visivi e standard di bellezza sperimentali

Gli Alpha, fin dai 7-8 anni, hanno una percezione di sé fortemente influenzata da TikTok, YouTube e canali di content creator scientifici o beauty . Il fenomeno dei filtri dimostra che fin da piccoli si confrontano con modelli estetici in parte tossici, ma anche con opportunità di sperimentazione (video tutorial, giochi di realtà aumentata). I Beta erediteranno questa doppia anima di sperimentazione estetica e consapevolezza critica: dovranno districarsi fra trend globali e identità personali, forse ancor più influenzati da influencer AI-generated o da avatar virtuali che propongono standard “ideali”.

È è fondamentale che i Beta imparino a sviluppare una sorta di “radar critico”: non si tratta soltanto di dire “non copiare quel trucco” o “quel volto non esiste davvero”. Bisognerà accompagnarli nel comprendere come funzionano gli algoritmi alla base di quei filtri, farli giocare con app semplici che insegnano a costruire il proprio avatar partendo da zero, a scegliere palette di colori o proporzioni che rispecchino la propria unicità, non un’ideale imposto. noltre, i Beta dovranno imparare a negoziare la propria identità in un mare di trend globali che viaggiano alla velocità di un tap. Mentre un giovanissimo Z si sentiva “arrivato” se otteneva 10.000 visualizzazioni su un video di danza, un Beta potrebbe inseguire un milione di spettatori per un brevissimo sketch virtuale, con effetti sonori e visivi creati da intelligenze artificiali.

Alla fine, l’obiettivo è che i Beta non diventino semplici consumatori passivi di contenuti “perfetti”, ma progettisti critici della propria immagine digitale. Noi adulti dovremo accompagnarli nell’esplorazione, guidandoli a sperimentare i filtri solo come un gioco, a conoscere le basi tecniche di ciò che c’è dietro, a riflettere sulle emozioni che provano quando si vedono “trasformati” in un personaggio animato. In questo modo, svilupperanno quella consapevolezza che farà la differenza: sapranno districarsi fra trend globali e identità personali, scegliendo di rimanere fedeli a se stessi anche quando il mondo virtuale propone continuamente standard “ideali” da imitare (o da remixare con ironia). In sostanza, i Beta impareranno non solo a farsi influenzare, ma anche a influenzare a loro volta, creando contenuti che riflettano la loro unicità e raccontino a “noi” chi sono davvero, al di là di un filtro o di un avatar luccicante.

Salute mentale, wellbeing e soft skill

Alpha: lockdown e impatto sullo sviluppo emotivo

I lockdown hanno rallentato lo sviluppo delle soft skill degli Alpha: molti hanno manifestato difficoltà a interagire fuori dal nucleo familiare, sentimenti di solitudine e ansia. Anche se le scuole oggi si stanno attrezzando con programmi di socializzazione esperienziale e “salute emotiva” nelle classi, la necessità di incoraggiare competenze relazionali resta centrale. I Beta cresceranno in un contesto leggermente meno traumatico, ma erediteranno comunque l’urgenza di lavorare su empatia e gestione delle emozioni.

Immaginiamo ancora una volta insieme. Tra i Beta potrebbero comparire i primi robot-compagni educativi che, grazie a telecamere e microfoni, capiscono se il bambino è agitato o allegro semplicemente osservando i gesti e i toni di voce. Immaginate un piccolo automa a forma di pupazzo, che saluta emettendo un luminoso sorriso di LED quando il bimbo entra in classe, e che in caso di tensione si avvicina, pronuncia frasi rassicuranti e propone un brevissimo esercizio ludico di respirazione. Noi vedremo questi robot come partner di supporto: non sostituiscono l’insegnante, ma diventano uno “specchio emotivo” che aiuta i Beta a dare un nome a ciò che provano, calibrando l’intervento su dati biometrici – magari un cambiamento nel battito cardiaco o un aumento della sudorazione rilevato dai sensori. Per i Beta, l’allenamento emotivo non sarà un’aggiunta “extra” al programma scolastico, ma una componente strutturale fin dalla materna: un mix di tecnologie leggere e presenza umana autentica.

Comunità locali e responsabilità sociale

Alpha: ricerca di radici locali in un mondo globale

Pur essendo immersi in una cultura globale, gli Alpha mostrano un crescente interesse per questioni “ipernazionali”: ambiente, equità di genere, diversità culturale. Tuttavia, molti si sentono più efficaci su scala “micro”: piccoli progetti di quartiere, orti scolastici, associazioni per la tutela degli animali. I Beta continueranno questa tendenza di “glocalizzazione”: saranno a loro agio con cause mondiali (cambiamenti climatici, inquinamento) ma agiranno principalmente su iniziative locali (ad esempio raccolta riciclata con premi o NFT di riconoscimento).

I Beta, immersi in questa cultura della “glocalizzazione praticata”, cresceranno convinti che cambiare il mondo non significa solo scrivere post su Instagram, ma piuttosto sporcare le mani in prima persona: un concetto che, fin da ora, può trasformare un’idea astratta come la lotta ai cambiamenti climatici in un’esperienza concreta, condivisa e – perché no – anche divertente.

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